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il Mondo
Primitivo e Magico
di Ernesto Caiazza
L'Italia abbonda di Artisti ma, sono pochi coloro che
riescono ad affermarsi con risaltante professionalità nel mondo
dell'arte. Autodidatta, scultore di chiara fama nato a Vairano Patenora
nel 1951 in provincia di Caserta, vive ed opera in Arese cittadina
dell'hinterland Milanese.
La sua vocazione artistica emerge in Gran Brettagna, dove ha vissuto per
tre anni precisamente nella città di St. Albans (Hertfordshir) visitando
i vari Musei Londinesi predilige il British Museum in cui prevale l'arte
Arcaica e Primitiva, lo scultore Ernesto Caiazza, medita e studia
quest'arte dell'Africa Nera. Affascinato dai lavori dei "Baluba" e dei "Basonge"
rimane per ore interminabili ad ammirare quei volti ambigui e misteriosi
tentando di carpire i segreti magici e irreali che essi celavano.
Ammaliato e carico di cultura scaturisce nell'Artista l'estro scultoreo:
infatti iniziò ad intagliare e scolpire tronchi e cortecce d'albero
imprimendo in essi sembianze umane.
Più tardi nell'anno 1975 rientra in Patria, stabilendosi nella città di
Milano, con la sua famiglia.
Spronato da critiche positive, partecipa a Concorsi Nazionali ed
Internazionali, espone le sue sculture nelle varie gallerie Lombarde
ottenendo plausi e ambiti riconoscimenti: Consensi ed elogi giungono
all'Artista da parte della critica e dal pubblico amatore d'Arte.
Le sue opere seguono un inconfondibile coerenza, la realtà di cui ne
sono significativo riflesso. L'ampiezza spirituale di E.Caiazza traspare
in ogni figura da cui si percepisce la sofferenza inflitta al Genere
Umano soprattutto le umiliazioni che subisce il Popolo del terzo Mondo,
schiacciato e vilipeso. L'evoluzione nel tempo della sua arte si
riscontra dalle varie creazioni in (legno, pietre dure, cristallo di
talco, graniti, minerali ed ottone). Egli è alla continua ricerca di
materiali nuovi su cui apporre l'essenza umana dell'empirico spazio in
cui vive.
Destreggiandosi con maestria ha realizzato il sogno di vedere accolta
una sua opera (la "Kore" h. m. 3) nel Museo d'Arte Moderna "Fondazione
Pagani", sito nella città di Castellanza (Varese).
Il suo Curriculum è vasto e, le sue sculture fanno parte di varie
collezioni Nazionali ed Internazionali. Unica, Lilia Lo Savio
(scrittrice) che è riuscita ad essere ammessa nel rifugio segreto
dell'artista assistendo alla fase creativa del "Profeta", opera
realizzata da un masso di granito dal peso di 25 q.li . L'incisività
mistica delle sculture, parzialmente esplica la potenzialità
dell'artista. Umile e dotato di una estrema sensibilità, Ernesto Caiazza
rende onore al suo paese natio, formidabile è la sua produzione,
certamente sarà documento indelebile della nostra epoca.
Giusy Ursillo |
Biografia e
personalità artistica
Ernesto Caiazza è nato a Vairano Patenora (Caserta) il 24 luglio 1951.
Vive e lavora ad Arese, in Via Gramsci n. 49 (MI).
Autodidatta, le sue figure lignee, in pietra o in cristallo di talco
possono considerarsi come pure proiezioni interiori, come messaggi che
vogliono fare il punto su certi problemi scottanti e stimolare le
coscienze.
Non figure convenzionali, dunque, o falsamente selvagge, ma capacità di
concentrazio-ne e di approfondimento sulla scia delle sculture del Terzo
Mondo. Scultura intensa e drammatica, di denuncia delle bassezze e degli
errori perpetrati, delle ansie e rivolte perpetrate nel tempo, della
religione, dei costumi, della storia, il tutto rapportato alla società
italiana.
Per conoscere a fondo il contenuto umano e sociale dell'artista, il suo
evolversi nel tempo della coscienza d'arte e di ricerca dei significati
vale quanto scrisse Antonino De Bono: «La formazione artistica di
Ernesto Caiazza è avvenuta in Gran Bretagna, ove ha soggiornato per
parecchio tempo. Si divertiva a visitare gli antiquari, ad acquistare
gli acquerelli dell'ottocento, a studiare la tecnica del Turner e della
«Water Color Socieety». Ma il suo passatempo preferito era la visita ai
musei, in specie il British Museum, ove c'è tutto. Incominciò ad
attirarlo l'arte dei primitivi, l'Africa Nera. Si soffermava intere ore
ad ammirare i lavori dei «baluba« e dei «basonge»... Cercò dei libri che
spiegassero il mistero dei volti ambigui, la suggestione delle maschere,
il segreto dei cerchi concentrici e dei tatuaggi. Finché Ernesto Caiazza
si accorse che a mano a mano penetrava i recessi dei «fang» del Gabon, o
l'uso dei colori sui feticci dei «bayaka» e dei «bapende», scopriva la
profonda religiosità
attribuita alle statue che vivevano effettivamente in uno spazio
empirico, metafisico, magico, irreale.
In tal modo Ernesto Caiazza incominciò ad intagliare tronchi d'albero, a
scavare nella corteccia le apparenze umane. Si accorse ben presto che
stava mettendo in moto essenze primordiali che avrebbero potuto
rivoltarsi contro di lui...
Durante una visita al museo dell'Uomo a Parigi, Ernesto Caiazza rimase
impressionato dalle pietre monumentali dell'Isola di Pasqua, dai reperti
delle Isole Marchesi e della Polinesia Meridionale. Invece di mettere in
risalto l'anima mitica dei trapassati, e di evidenziare le sottili
entità della natura, pensò di elaborare un'arte popolare, che mettesse
in risalto l'anima collettiva dei popoli. Sono nate così le sculture
dello «Schiavo» in ceppi, alto e stilizzato nella sua concezione
simbolica del martirio della classe lavoratrice schiacciata e vilipesa;
«II Faraone», figura lignea che assomma la lussuria di certi «notabili»
del regime; «II ribelle», evidenziato con forte vigore plastico, per
rappresentare l'espressione grottesca e surreale dell'apostolo della
rivoluzione che si proietta al di là della barricata.
Sculture arcaiche dotate di un fascino insolito, dal tono caldo del
legno, dal tipo fortemente stilizzato, armate d'una intima forza
drammatica. Esse sprigionano - pur nella espressionistica
caratterizzazione e nella schietta ispirazione naturalistica - un pathos
particolare reso con semplicità e sinteticità del modellato, per
additare alle tribù degli uomini bianchi che popolano l'Europa il
significato ancestrale di un'arte popolare che si ricollega alla
preistoria».
Pensiero sulla vita
«La vita è un dono di cui tutti dovremmo essere coscienti della sua
importanza, per cui ogni essere vivente dovrebbe rispettare quella
altrui come fosse sua. Purtroppo quest'era corrotta da importanza solo
al denaro e a tutto ciò che da esso si ricava».
Documentazione critica
«Si ritrova, all'interno delle rappresentazioni di Ernesto Caiazza, una
suggestione particolare, modellata su antichissimi richiami a lui
familiari, gremita non tanto di profili e di fisionomia ma di
partecipazione vitale, di atmosfere mistiche e in un certo qual modo
metafisiche. La sua forza è tutta non nella sua apparente ingenuità di
autodidatta ma in quelle ricerche di ambito gestuale, e portando l'opera
a rivedere determinate norme scultorie egli, senza alcun dubbio,
risponde ad esigenze innate di stilizzazione e di purezza. E nella
stilizzazione delle superfici l'artista sprofonda con tutta la forza
della sua umanità, sottolineando liberamente le strutture delle forme,
facendo i conti con la spietata realtà del sistema, sforzandosi di
conservare intatte le virtù di un'arte ancestrale.Ernesto Caiazza,
dunque, non si abbandona stancamente alla pura abilità inventiva ma
risolve la sua problematica attraverso la creazione artistica: realtà
compresa e sofferta momento per momento, analizzata attraverso simboli e
significati e interrogativi sul lontano passato e sull'esistenza
attuale».
Antonio Oberti |